3. Skype

01-04-2020 | quarantena

«Eccomi.»
«Ciao. Finalmente ci siamo riusciti.»
«Già. Come stai?»
«Annoiato. Tu?»
«Stanca.»
«Lo vedo.»
«Gentile da parte tua.»
«Intendo dire che me lo immagino. Dev’essere un massacro.»
«Siamo a corto di personale.»
«Contagiati?»
«Sì. O in quarantena.»
«Fa’ attenzione.»
«Certo. Tu? Il lavoro?»
«Ci siamo organizzati, smart working. È dura però. Stare chiusi dentro, non vedere nessuno.»
«C’è tanta gente che sta peggio.»
«Per carità, non volevo lamentarmi.»
«Muoiono soli e muoiono male.»
«Lo so, lo so.»
«La gente muore ma sembra che i problemi siano solo i cani e le passeggiate.»
«È normale, ognuno vede quello che ha intorno.»
«Non mi interessa quello che la gente vede. Siamo al limite.»
«Ne usciremo.»
«Non sarà facile.»
«Nulla è facile, ma basta fare quello che si deve fare.»
«Vengo da un turno di dodici ore, risparmiami la filosofia.»
«È il primo sorriso che mi fai.»
«Scusa, non sono dell’umore giusto. Comunque mi ha fatto piacere rivederti.»
«C’è voluta una pandemia.»
«Dico davvero.»
«Anche a me ha fatto piacere.»
«Vuoi parlare con Stella?»
«Certo.»
«Te la chiamo. Ma non la deprimere.»
«Ma che dici?»
Troppo tardi, lei è già scomparsa. Rimane a fissare la parete rossa dentro allo schermo. In alto a destra c’è un angolo di quadro. Cornice sottile, piatta e bianca. Semplice. Del dipinto solo macchie nere e gialle su uno sfondo azzurro. Il colore sembra pastoso. Non riconosce figure. È la prima volta che entra in casa loro e questo è tutto quello che vede.
Poi l’inquadratura è riempita da Stella. Sente che gli si spalanca il cuore. Ne vede la testa e metà busto. Una felpa grigia, i capelli legati dietro, a coda.
«Hai cambiato gli occhiali» le dice.
«Due mesi fa. E li hai già visti.»
«Non ricordo.»
«Non noti mai nulla.»
«Ehi, iniziamo male.»
«Non ce l’ho con te» sorride. «È la noia.»
«Passerà presto.»
«Non lo avrei mai pensato, ma mi mancano i miei compagni.»
«E il fidanzato no?»
«Papà!»
«Lo so, lo so. Non sono affari miei.»
«E se fossi lesbica?»
«Basterebbe declinare al femminile.»
«Non fare il moderno. Ti contorceresti le budella.»
«Hai ragione. Sei troppo giovane per queste cose.»
«Ora ti riconosco.»
«Piuttosto, come va con la scuola?»
«Una perdita di tempo.»
«E queste lezioni a distanza?»
«Inutili.»
«Tu studia comunque.»
«Tanto ci promuovono tutti.»
«Senti, smanetti sempre con il computer?»
«Fatti un favore papà, parla come uno della tua età.»
«Vedo che non hai perso le unghie. Sei tu ad avere hackerato l’Inps?»
«Non sono un hacker. E comunque non c’è stato nessun attacco. Vivono nella preistoria. Come te. Usi ancora Skype.»
«E allora? Lo usiamo pure a lavoro.»
«Software libero, non essere schiavo. Domani ti faccio installare Tox.»
«Mai sentito.»
«È come Skype, ma non ti spia.»
«Puoi capire, per quello che ci diciamo.»
«L’ho installato anche a mamma.»
«E cosa se ne fa?»
«Che ne so? Mica la controllo.»
«È stanca. Ha delle brutte occhiaie.»
«È sempre in ospedale.»
«Tu l’aiuti?»
«Ovvio. Cucino, pulisco, stiro.»
«Sei in gamba.»
«Lo so.»
«Mi manchi.»
«Tu no.»
«Vorrei tu fossi qua.»
«Mi si stanno cariando i denti.»
«Quando finirà tutto questo mi piacerebbe che tu venissi a stare un po’ da me.»
«Devi parlarne con mamma.»
«Lo farò. A te piacerebbe?»
«Basta che tu abbia una connessione veloce.»


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