7. Pasqua
12-04-2020 | quarantena
«Ehi.»
«Ciao papà.»
«Come stai?»
«Bene. Sei già a tavola?»
«Un orologio svizzero. Tu che fai?»
«Condisco l’insalata.»
Stella appare e scompare dall’inquadratura. Versa sale, aceto e olio in un’insalatiera di vetro. Il padre è seduto a guardare il monitor del portatile.
«È una cosa lunga?»
«No, ho fatto.»
Stella si ferma davanti alla webcam e sorride al padre.
«Hai apparecchiato per bene.»
«È pasqua. Ho stappato anche una bottiglia.» La mostra alla figlia come un trofeo.
«Beato te. La mamma non vuole che beva.»
«Ha ragione.»
«Nemmeno birra.»
«Quando sarai maggiorenne potrai fare quello che vuoi.»
«Andate più d’accordo ora di quando stavate insieme.»
L’inquadratura di Stella diventa mossa. Il padre osserva le immagini che oscillano confuse. Capisce che si sta muovendo, il portatile in mano. Poi l’inquadratura torna a essere fissa, puntata su un divano. Sente rumori distanti. Passi, stoviglie. Si versa un bicchiere di vino. Lo assaggia. È buono, ma tanto non ha mai capito nulla di vino. Potrebbe essere la bottiglia migliore al mondo o la peggior acqua di pozzanghera mai bevuta. Per lui il vino è sempre buono.
«Pronta» dice Stella. Si è seduta sul divano, a gambe incrociate, ha raddrizzato il monitor del portatile e ha sistemato in grembo l’insalatiera.
«Mangi solo quella?»
«Non avevo voglia di cucinare» dice facendo spallucce.
«E mamma non ti ha preparato nulla?»
«Ha fatto la notte e ora dorme. È esausta.»
«Certo, povera.»
«Per lei ho preparato una torta salata.»
«Brava. E tu non la mangi?»
«Non mi va.»
«Perché?»
«Non mi vanno più le uova.»
«Non mi starai diventando vegana?»
«Potrò mangiare quello che mi pare?»
«Certo. Ma ti devi nutrire, non puoi eliminare…»
«Papà, taglia corto. Se devo mangiare con uno che mi fa le paranoie preferisco staccare.»
«Va bene, va bene. Buon appetito.»
«Tu che mangi?»
«Lasagne e sogliola» dice inclinando due piatti verso la webcam.
«Ti sei dato alla cucina?»
«Figurati. Surgelati.»
«E poi fai la paternale a me?»
«È il mio ruolo. Il tuo è quello di ubbidire.»
«Padre padrone, contento tu.»
Sorridono e iniziano a mangiare.
«È il pranzo di pasqua più triste che abbia mai visto» dice lui.
«Sai cosa me ne frega della pasqua.»
«Parlo della compagnia. Da soli, distanti.»
«Perché, gli anni scorsi? Manco al computer ti vedevo.»
«Occhio non vede, cuore non duole.»
«Tranquillo, non mi sei mai mancato.»
«A me invece manca questo.»
«Cosa?»
«Le feste comandate. La famiglia. Stare insieme.»
«Papà, tienile per il tuo strizzacervelli queste cose.»
«Dico sul serio.»
«Beh, dovevi pensarci cinque anni fa.»
«Lo so che non si può tornare indietro.»
«Sarebbe un disastro. Tu e la mamma litighereste di continuo.»
«Non abbiamo mai litigato.»
«Cosa?»
«Siamo sempre stati civili.»
«Vi sentivo discutere in camera. Ricordo bene.»
«Discutere non è litigare.»
«Ricordo che avevo paura.»
«E di cosa?»
«Che vi lasciaste. Quando te ne sei andato ho pianto per giorni. Non volevo più uscire.»
«Mi spiace.»
«Anche la mamma piangeva.»
«Piangevamo tutti.»
«Pensavo che ci avevi abbandonato, che non mi volevi più.»
«Non era così.»
«Lo so. Mamma mi ha spiegato tutto.»
«La faccenda era fra me e lei. Non funzionava più.»
«Non mi devi spiegare nulla. Ora lo so. So che è stato giusto così. Ma non venirmi a dire che ti manca la famiglia.»
«Mi manchi tu.»
«Possiamo pranzare e piantarla con queste stupidaggini?»
«D’accordo» dice annuendo. «D’accordo.»
Affondano entrambi le forchette. Se le portano alla bocca. Masticano. Tengono gli occhi bassi, sul cibo. Ogni tanto li alzano verso il monitor. Guardano l’altro mangiare poi, rapidamente, li abbassano di nuovo. Croccare secco dell’insalata, gorgogliare liquido del vino versato nel bicchiere. Scintillio di posate, di vetro. Affondare, masticare, deglutire.
Quando gli sguardi si incrociano il padre prova a infrangere l’imbarazzo.
«Hai ricevuto un uovo di pasqua?» chiede.
«Secondo te?» risponde acida la figlia.
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