16. Fase2
04-05-2020 | quarantena
Sciami di prigionieri in libertà condizionata. Assalto ai mezzi pubblici. Orde disadattate a caccia di congiunti. Delirio pubblico in confusione governativa fra parentado, fidanzati e amicizie strette. Polizia, carabinieri e vigili appostati strategicamente col verbale puntato. Fuoco violento fra le batterie d’artiglieria delle forze di quarantena e le brigate del liberi tutti. Caos su tutta la linea.
Questo si aspetta.
All’alba del quattro maggio sta alla finestra, l’arco alpino che monta alla vista trincerato dietro ai palazzi. Accanto alla porta ha scarponi e zaino con pranzo al sacco, borraccia, mappa e giacca leggera antipioggia. Indossa calzettoni, maglietta tecnica, pile, pantaloni in poliammide. Veste sintetico, freme dal desiderio di quota e ha visioni di cielo aperto e aria che graffia. È pronto alla fuga.
La caffettiera dà cenni di vita. Gorgoglia e sfiata sul gas. Quell’attimo lo inebria. La tenebra che allenta, il caffè che sale profumato nel silenzio. Si avvicina ai fornelli. Solleva il coperchio, lascia fuggire il vapore e spegne il fuoco. La superficie del liquido nero si placa pronta a dargli il calcio di inizio giornata. Prende la caffettiera e la posa sul sottopentola al centro del tavolo. Ha imbastito tutto con cura: tovaglia, piattini, posate, fette biscottate, miele, marmellata, kiwi e mandorle. Stefania appare sull’uscio della cucina. È in pigiama, spettinata.
«Dio benedica la quarantena» dice rivolta alla tavola.
Lui l’abbraccia, le prende il viso fra le mani e la bacia.
«Non ti metterò più in discussione.»
«Hai avuto altri incubi?»
«Non voglio più litigare.»
«Sei un animale strano.»
Aspetta che finisca di lavarsi e che si vesta poi, appena torna, versa il caffè.
«Questa è un’abitudine che non devi perdere.»
«Preparare la colazione?»
«Occuparti di me.»
«Non ho altro da fare.»
Stefania spinge il cucchiaino nel miele cristallizzato e ricopre la fetta biscottata fino ai bordi.
«Dove vai vestito così?»
«In montagna.»
«Puoi?»
Lui indica il modulo sul tavolo. È compilato e piegato in quattro.
«Non si capisce più cosa è permesso e cosa no» aggiunge lei.
«Ho pensato a lungo.»
«Ti svegli troppo presto.»
«Ci penso da giorni.»
«Sembra una cosa seria.»
«Quello che è successo ha distrutto ogni certezza.»
«Mi stai spaventando.»
«Guarda il mio caso. Ho sempre lavorato in nero. Ho sempre pensato al presente. È bastato un decreto e tutto è stato spazzato via.»
«Tornerà la normalità.»
«E le certezze da quattro soldi.»
«Non ci possiamo lamentare. Con uno stipendio ce la caviamo.»
«E se anche tu avessi perso il lavoro?»
Lei storce la bocca. «La gente avrà sempre bisogno del supermercato.»
«Quante casse automatiche avete? Quattro, cinque? Fra un anno potresti essere sostituita da un algoritmo.»
«Intanto fra mezz’ora devo essere al lavoro. Arriva al punto.»
«Quello che voglio dire è che non possiamo più dare nulla per scontato.»
«Quindi?»
«Quindi possiamo solo contare su noi stessi. Dobbiamo agire da squadra.»
«Ti prego…»
«Sono serio. Sei la mia unica certezza.»
«Finiscila, è imbarazzante.»
«Non ti metterò mai più in dubbio.»
«Il problema è che hai troppo tempo per pensare.»
«Ragionerò sempre per due. Non ti metterò più in discussione.»
«Hai perso il lavoro, non hai retto la quarantena. Hai avuto una crisi.»
«Ti ho coinvolta in tutto questo. Non capiterà più.»
«Lo so. Ora basta però» dice prendendogli la mano. «Tutto tornerà a posto.»
«Mi sento in colpa. Lavori otto ore al giorno, sei su sette. E io mi lamento perché non so che serie guardare.»
«Va’ in montagna, sfiancati per bene e smettila di pensare» dice Stefania. Si alza, prende la tazzina, finisce il caffè. «Ma, soprattutto, smettila con tutto questo zucchero.»
Sparisce in bagno e la sente lavarsi i denti. Lui rimane lì a vergognarsi per quanto ha detto, per come lo ha detto. Poi si alza e si dà da fare. Sparecchia, ripone le cose al loro posto, sciacqua le stoviglie, scuote la tovaglia, spazza per terra. Quando Stefania è pronta l’accompagna alla porta. Si baciano, si abbracciano forte, si scambiano calore. La guarda andare a lavoro.
Prima di rimanere ingolfato per il troppo nulla prende portafoglio, cellulare e chiavi della macchina. Si allaccia gli scarponi, si mette lo zaino in spalle, spalanca la porta e, sul pianerottolo, rientra per prendersi quello che si è dimenticato.
Si infila l’autocertificazione in tasca, afferra la mascherina ed esce.
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