8. Correre
15-04-2020 | quarantena
Un’eruzione improvvisa. Un’esplosione. I piatti della cena lasciati nel lavandino e il suo modo brusco di rispondere che non gliene importa nulla: un innesco da poco. Ma la deflagrazione è impressionante. Parole urlate, rimproveri, mancanze rinfacciate, frasi urtanti scagliate uno contro l’altra. La tensione che dopo l’esplosione non si placa ma continua a salire fino al silenzio ostinato di Stefania a cui reagisce con un ruminare rabbioso sulle proprie ragioni. Poi il senso di soffocamento, di asfissia. Si allaccia il cronometro al polso, si infila i pantaloncini, si mette le scarpe da ginnastica e scende nella notte a sudare via tutta la rabbia.
Dal portone di casa corre verso l’incrocio a sinistra, sul marciapiede. Rallenta, svolta a sinistra, accelera e, all’angolo, rallenta e gira ancora a sinistra. Quindi accelera verso l’incrocio successivo, rallenta e svolta. E poi di nuovo, fino a ritrovarsi davanti al portone di casa. Guarda il cronometro che ha al polso. Ha impiegato un minuto e quarantasette secondi per fare il giro dell’isolato. Azzera il cronometro, lo fa ripartire, scatta lungo il marciapiede. Corre più veloce, vuole battere se stesso. Angolo, sinistra. Quattro volte. Portone di casa. Il bip del cronometro. Uno e quarantuno. Meglio, ma battibile. Riparte. Il sudore che sale alla pelle, il cuore che pompa, la notte della città. Corre sul marciapiede attorno all’isolato di casa. Giro dopo giro batte il proprio tempo.
Un criceto in gabbia.
L’aria è fresca, la strada deserta. Passa fra un cassonetto e un’auto parcheggiata e abbandona il marciapiede per l’asfalto. Abbassa il ritmo, rallenta i battiti cardiaci. Corre con metodo al centro della carreggiata e si gode la città. Tapparelle abbassate, finestre azzurrognole di tivù, semafori che alternano i colori per nessuno. Domina le strade correndo al centro e contromano. Alza lo sguardo ai palazzi che gli scivolano di fianco e si rende conto che gli piace quello stato di cose, l’infrangersi della vita di tutti in una costrizione domestica quotidiana, nel distanziamento sociale e nell’incertezza futura. Corre nella notte, suda via la tensione e capisce che non è la perdita del suo lavoro in nero, la quarantena o la dipendenza economica da Stefania a incendiarlo in discussioni rabbiose senza fine. Quello che le scaglia contro è la delusione per una vita di sogni rinviati e di mera sopravvivenza.
Accelera, non svolta all’incrocio, raggiunge la fine dell’isolato successivo e di quello ancora dopo e continua a correre sempre più velocemente, i polmoni che bruciano, i tricolori appesi ai balconi, per cinquanta, cento, duecento metri e oltre i limiti da quarantena, salta i binari del tram e corre dritto davanti a sé e urla nella notte fino a quando non ne può più. Si ferma in mezzo alla strada, stoppa il cronometro e riprende fiato appoggiandosi con le mani sulle cosce. Inspira col naso ed espira con la bocca. Annusa l’aria buia, la primavera che sfrigola.
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